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domenica 28 aprile 2019

Capitolo… Boh ? Diciamo 3 - Il Gioco del “Mistero delle 12 Tazze”


 
Alla fine, le tazze erano rimaste solo tre. 
La prima tazza era marcata “RoBert”. Si trattava, ovviamente, di quella di RoBert Red, il capo.
Con un nome simile, RoBert aveva giocato per anni. Da sempre aveva millantato una parentela impossibile con il grande attore. Aveva addirittura sostenuto che Redford era un nome d’arte, e che questo suo cugino attore si era aggiunto al cognome vero (il suo stesso cognome) quello di una grande azienda di auto, per darsi un’importanza maggiore, e potere così millantare una parentela con il grande magnate di industria. Come se qualcuno, in Italia, pur chiamandosi Rossi, aggiungesse “Fiat” o “Lancia”, oppure “Ferrari” al cognome. Qualcosa come “Rossi Ferrari”.
Avete inquadrato il personaggio RoBert Red ? Bene, la realtà, come vedrete, sarà peggiore della vostra peggiore (o migliore) immaginazione.
Tornando alla storia, RoBert Red prese la sua tazza e la osservò per un po'.
L’altra tazza rimasta era quella di GeoRge.
GeoRge Green lasciò la tazza al suo posto, sul tavolo da riunione.
Gli altri nove presenti alla stessa riunione si erano dovuti alzare, a turno, ed erano usciti, con la coda tra le gambe, e con il loro progetto nel cestino.
Era questo lo scopo del gioco, e della riunione stessa: estrarre, tramite uno stratagemma, un progetto a caso, tra tutti, e finanziarne lo sviluppo e curare la realizzazione del progetto stesso.
Chi aveva escogitato questo diabolico modo di riunirsi, vi starete chiedendo ?
Che domanda… Ma naturalmente, … la nipotina di sette anni dello stesso RoBert Red, che ovviamente millantava di essere lui il geniale inventore.
Sicuramente, qualcuno tra di voi starà facendo un po' di conti, e starà pensando che c’è qualcosa di sbagliato nel mio racconto, in quanto 2 + 9 non fa 12.
Tranquilli. Lo so perfettamente, anche se ammetto di essere una pippa in matematica !
Esiste una dodicesima tazza, marcata “Il Genio del Computer”, che non corrisponde, finora, a nessun giocatore.
Infatti, si tratta della coppa del premio, che verrà riempita di Wiskey o di Brandy, o di Rum, o d’un altro qualsiasi liquido nefasto per il fegato, e che il tapino vincitore della gara dovrà tracannare al termine del “game”, anche a rischio, come già accaduto più volte, di rimanerci secco o di essere trasportato tramortito in ospedale quasi in fin di vita.
In effetti, lo scopo recondito, ma non tanto, del gioco, istituito da RoBert Red in azienda, era quello di non finanziare nulla, anzi, di rendere impossibile qualunque avanzamento in carriera, praticamente uccidendo, o rendendo inoffensivo, qualunque concorrente al suo dispotico posto di dittatore dell’azienda.
Questa volta, però, RoBert cominciò a preoccuparsi quasi subito del comportamento di GeoRge. Quest’ultimo, infatti, non sembrava per nulla preoccupato.
Anzi, GeoRge Green sorrideva. Guardava la sua tazza e sorrideva.
Alla fine di una lunga, quasi interminabile pausa (o almeno come questa sembrò a RoBert), GeoRge prese in mano la tazza.
GeoRge mise la tazza vicino a sé, e tirò fuori da sotto al tavolo una bottiglia a forma di mappamondo.
Su questa bizzarra bottiglia c’era scritto “GeoDrinX”.
Lentamente, GeoRge Green svitò il tappo argentato e sferico della bottiglia.
Questa, la bottiglia, era montata su una forcina a forma di “G”, come la lettera iniziale della parola “GreoDrinX”, e la bottiglia, così sistemata, aveva il collo, della bottiglia stessa, inclinata, proprio come un mappamondo.
GeoRge prese a versare il contenuto della bottiglia nella tazza. Poi, terminata l’operazione, lasciò la tazza dov’era e vi mise accanto la bottiglia, trasparente, in cui si vedeva il livello, che sembrava inclinato, del liquido al suo interno.
Il colore del liquido era di uno strano azzurro, con dei riflessi rossastri.
GeoRge disse a RoBert di avvicinarsi e di guardare all’interno della tazza, che, essendo di metallo, non permetteva di vedere da lontano il colore del contenuto.
Questo, cioè il colore del liquido nella tazza, sembrò lo stesso di quello della bottiglia, come naturale che fosse, a parte una leggera differenza dovuta sicuramente al contenitore metallico. Bianco, ed ai riflessi dello smalto al suo interno.
GeoRge disse lentamente a RoBert, scandendo le parole:
Guardi bene il colore. Memorizzi il colore”.
E per rendere molto più “mnemonica” questa operazione di memorizzazione, GeoRge tirò fuori dalla tasca una piccola videocamera, o una camera digitale.
GeoRge si avvicinò alla tazza e si sentì il rumore dello scatto della foto.
Dopo qualche secondo, appoggiata la digital camera sul tavolo, GeoRge spostò la tazza trascinandola con un dito dalla parte opposta del tavolo.
Dopo questa operazione, GeoRge tornò nella sua posizione e prese di nuovo la macchinetta fotografica.
Poi, di nuovo si avvicinò alla sua tazza, in cui aveva versato il “suo” liquido.
Nel frattempo, RoBert Red seguiva GeoRge Green come un cagnolino.
RoBert guardò la tazza. Poi, guardò il liquido nella bottiglia, che stava nell’altra parte del tavolo. Guardò più volte, alzando e abbassando lo sguardo. Su e giù, tic tac, guardando a scatti, quasi come un giudice di gara ad una partita di tennis.
Sembrava incredibile, ma i due liquidi sembravano essere di due colori diversi, anche se si trattava dello stesso liquido, diviso in due contenitori.
RoBert Red si stropicciò gli occhi più volte, ma il risultato gli sembrò essere sempre lo stesso: i due colori erano un po' diversi.
A scanso di equivoci, GeoRge Green scattò una seconda foto alla tazza, con la stessa angolatura di ripresa. Poi, GeoRge si avvicinò trionfante a RoBert Red, e commutò l’interruttore della digitalCamera sulla posizione “Play”. GeoRge avvicinò il display della Camera allo sguardo incuriosito di RoBert Red e cominciò a far “flippare” le due foto, avanti e indietro. Poi, mostrò le due doto affiancate e, dopo ancora, inserì una funzione della digitalCamera, che mostrava la “temperatura colore” dell’immagine.
Questa “temperatura” era in realtà un numero, anzi, tre numeri, che rappresentavano il valore del Rosso, del Verde e del Blu, di un punto indicato sullo schermo della digitalCamera.
I tre valori erano diversi. Il colore del liquido, nelle due foto della tazza, posta in punti diversi del tavolo, era diverso.
Come poteva essere avvenuta questa cosa ?
RoBert Red lo chiese a GeoRge Green. E questi, con la stessa calma flemmatica mostrata finora, scandì queste parole:
Si tratta del mio SoftWave Liquido”.
Soft di che cosa ?” - Esclamò interrogativo RoBert Red.
SoftWave Liquido” - Ripeté GeoRge Green, sicuro di sé.
E poi, GeoRge continuò la sua spiegazione:
Ho programmato le particelle del liquido con un codice sorgente di mia creazione, in modo che il liquido stesso assume un colore diverso a seconda della posizione in cui si trova sulla terra. In realtà, si tratta di una programmazione molto semplice, che ho praticamente copiato da un programmetto demo di una batteria di led cinesi che cambiano colore tramite un telecomando. Ho semplicemente sostituito al led il mio liquido, che a sua volta non è nulla di particolare, ma un semplice succo di frutta di aranciata con aroma di frutto della passione.”
RoBert Red sembrò tranquillizzarsi e prese a sfoggiare il suo sorriso sardonico migliore. La parola “semplicemente” lo aveva fatto entrare nel suo terreno di gioco, dove era maestro di banalità.
Bene” - disse RoBert Red - “A questo punto dobbiamo festeggiare con un bel brindisi.” E si avviò verso l’armadietto del bar. Ma fu stoppato da una frase di GeoRge Green:
Ho un’idea migliore: brindiamo con il mio succo di frutta.”
RoBert Red si fermò per un poco, poi riprese ad avvicinarsi al suo armadietto di veleni epatici. Scrocchiò le dita e prese a ruotare la serratura numerata per inserire una combinazione da cassaforte.
OK.” - disse GeoRge - “Visto che non si fida, berrò solo io il mio liquido. Lei beva pure il suo prezioso Brandy.”
GeoRge Green prese in mano la sua tazza, e ne versò il contenuto nella tazza/coppa premio, contrassegnata dalla frase “Il Genio del Computer”.
Poi, mentre RoBert Red si stava avvicinando con la bottiglia di Wiskey etichettato “Micidial Misture”, GeoRge bevve d’un fiato dalla tazza premio, facendo anche, alla fine, un bel rutto liberatorio.
Burp!” - fece GeoRge Green, emettendo bollicine dalla bocca che cambiarono colore mentre volteggiavano in aria.
Dopo questa brillante performance, GeoRge tirò fuori dalla borsa un piccolo computer Macintosh. Lo aprì, ed il monitor si accese immediatamente, come al solito.
GeoRge mostrò Blender, un programma di modellazione, già acceso sul video, e che lui aveva personalizzato con un addon, in cui si vedeva un personaggio in 3D, vestito come lui, e come lui posizionato in una sala riunione come quella in cui si trovavano in quel momento.
GeoRge alzò un braccio e salutò l’omino nel computer. Questi, cioè l’omino nel computer, alzò il braccio nello stesso momento di GeoRge, e salutò nello stesso modo, come in uno specchio.
L’omino al computer era GeoRge Green stesso e cominciò a danzare, esattamente come stava facendo GeoRge, nello stesso identico momento.
GeoRge si avvicinò alla porta e la aprì, esattamente come l’omino al computer, e quando RoBert Red lo chiamò, si fermò, rispondendo alle domande e tornò indietro a dare ulteriori spiegazioni.
Insomma, GeoRge dimostrava di non stare mimando un video pre-registrato.
GeoRge ed il computer erano la stessa persona.

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