“GeoDrinX_the(Simple)Story”
- RoBang! Roberto Angeletti
20190430
GeoRge aprì la porta del Bar.
L’insegna fuori recitava
“BarthTheBar”, con un simpatico logo al neon che si accendeva e
spegneva, mostrando alternativamente, e con colori cangianti, prima
“Bar”, poi “Barth”, poi “The” e infine “Bar”.
Insomma, si trattava del Bar
di un tizio chiamato Barth.
Questo signor Barth, un
capelluto signore che si trovava dietro al bancone, in realtà si
chiamava Ben.
GeoRge Green scoprì subito
questo fatto strano, ovvero il nome del proprietario del Bar, perché
sua moglie, cioè la moglie di Barth, lo aveva chiamato con un urlo
dalla cucina:
“Ben, vuoi portarmi questa
Ben e Detta bottiglia d’acqua ? Devo venire a prenderla io stessa
?”
La cortese proprietaria della
voce dalla cucina era la sigra Cion-on-Screen, detta a sua volta
Tani-Na-UD, ed aveva uno strano accento orientale.
Appena uscì dalla porta della
cucina, con un matterello in mano ed un coltellaccio nell’altra
mano, GeoRge Green capì perché la donna aveva quello “strano
accento orientale”. La donna era veramente un’orientale, anche
se era difficile capire di quale località esattamente.
La gallina che lei inseguiva
probabilmente sapeva da dove veniva la signora, ma purtroppo non poté
rispondere alla domanda di GeoRge, dato il numero di randellate che
la povera tapina prese sulla testa.
GeoRge ebbe solo la forza di
sussurrare un:
“Voi accogliete sempre gli
ospiti in questo modo ?”
E mentre la signora
raccoglieva le spoglie della gallina da terra, e tentava di pulire
tavoli e sedie dagli schizzi di sangue e altri liquidi vari, si spera
non umani, il signor Ben-BarTh-Blue-Screen (quest’ultimo era il
cognome della, diciamo così, “signora”) se ne uscì con un:
“Benvenuto al BarthTheBar !
Troverà qui tutto quello che vuole e desidera, e anche quello che
solo immagina, ma che non ha il coraggio di chiedere.”
Avvicinandosi al bancone,
GeoRge vide con sollievo che la gallina godeva di ottima salute.
Infatti, per fortuna, la gallina non era stata colpita dalle
randellate e quello che GeoRge credeva fosse sangue, era soltanto il
vino fuoriuscito da una botte, spaccata da uno dei colpi di
matterello che Tani-na-UD aveva dato da tutte le parti.
Ma fosse una scena
prefabbricata, cioè una sceneggiata, che i due recitavano ogni volta
che entrava un nuovo cliente ?
A GeoRge era venuto questo
dubbio. E il dubbio gli venne fugato subito.
Un furgone elettrico si era
fermato davanti al Bar e ne era uscito un tizio, vestito da
idraulico.
L’idraulico era entrato nel
Bar, di schiena, con una cassa in mano verso l’esterno.
La signora Tani-na-UD ripeté
la frase dell’acqua, dopo essersi rifugiata in cucina, e dopo un
po' ne uscì inseguendo di nuovo la gallina, e stava per tirare le
randellate a casaccio, quando, guardando l’idraulico, disse:
“Ma sei tu Andrew ?!? Ma
che razza di abbigliamento ti sei messo ? Mi sembri un idraulico !”
“Non c’è bisogno della
rappresentazione di benvenuto per me, signora.” - disse l’idraulico
sorridendo.
Quello che sembrava un
idraulico era Andrew John Smithson, il fornitore di birra Red Stripe
del locale, e cominciò a trasportare all’interno decine di
scatoloni di bottiglie della preziosa e ottima birra jamaicana.
Quando Andrew ebbe finito di
trasportare scatole, ne aprì una e tirò fuori un paio di bottiglie,
posizionandole sul bancone.
Red Stripe. Che buffo, pensò
GeoRge Green. Proprio lui, che era scappato da San Francisco per un
Red (Robert) veniva raggiunto da un altro Red (Stripe) cioè una
birra, ovvero un altro elemento legato ad un liquido.
Ma stavolta, il liquido non
cambiava lui il colore, ma faceva cambiare il colore del viso di chi
lo beveva.
E quante ne bevvero !
Le bottiglie venivano aperte
con la frequenza di una ogni sette minuti.
Cominciarono a raccontare a
turno la propria vita. Quando toccò il turno di GeoRge, lui
cominciò con la sua infanzia.
Un'invenzione.
GeoRge aveva inventato un modo per censire tutti gli oggetti
presenti sulla Terra. Era partito dall'idea di creare un nuovo
metodo di rappresentazione geografica. Era rimasto ispirato, quando,
molti anni fa, lo avevano portato da ragazzo a visitare un parco di
divertimenti nell'Ohaio. Al centro del parco, una cupola geodetica,
creata da Buckminster Fuller, un geniale architetto visionario, che
voleva coprire intere città con gusci trasparenti, fatti da milioni
di piccoli triangoli.
Fuller
aveva fondato una società di costruzioni, chiamata Dymaxion, che
avrebbe dovuto rinnovare il mondo con la genialità di oggetti
innovativi, basati sul numero tre, numero perfetto, e la forma
triangolare.
Purtroppo,
però, alcuni di questi oggetti tecnologici ebbero problemi: l'auto a
tre ruote non poteva dirsi molto stabile, e si rovesciò; un guscio
di copertura, alla prima pioggia, venne giù come un ombrello rotto.
Insomma, tra il dire ed il fare... c'é un mare da asciugare.
E
Fuller fu costretto a flettersi nella costruzione di oggetti più
piccoli, come i bungalow da giardino e cupole per parchi di
divertimenti, per l'appunto.
Ma
quella cupola apparve a GeoRge come qualcosa di stupefacente. Non
era solo bella a vedersi. Era "umana"; era qualcosa in cui
si poteva entrare tranquillamente, senza avere una sensazione di
paura, rispetto e qualcos'altro di negativo. Non era un oggetto
asimmetrico, come dettavano le "sette invarianti
dell'architettura moderna". Era l'eccezione che conferma la
regola. Pur essendo simmetrica, la cupola non richiamava alla mente
regimi totalitari. Forse perché non si trattava di una simmetria,
ma di una superficie di rotazione, e dunque, lo schema mentale è
memorizzato accanto ad un'altra sensazione. E la sensazione di
GeoRge era quella dello stupore, del bello, del rilassante.
Poi,
GeoRge cominciò ad avvicinarsi a quella cupola. Entrò. Ci girò
intorno. Prese di tasca un minuscolo foglietto del tram a
cremagliera di San Francisco, e con un'altrettanto piccola matita,
presa da un centro commerciale, nel reparto mobili da costruire,
cominciò a fare disegni di come era realizzata la cupola di Fuller.
Il
metodo costruttivo gli ricordava quello dei bicchieri. GeoRge aveva
costruito una cupola simile, a scuola, con i suoi compagni e la
maestra. Avevano incollato insieme una miriade di bicchieri di
plastica, fissandoli per il bordo con una cucitrice.
Alcuni
avevano optato per la colla, anche se questa tendeva a sciogliere la
plastica e a sfondarla. Era questione di quantità: ce ne voleva una
quantita' precisa, non troppa, non poca, per incollare e non sfondare
il bicchiere.
E
dunque, alla fine era venuta una palla. Una enorme palla con cui si
potevano fare molte cose: Entrarci, rotolarla, illuminarla,
colorarla, unirla con altre pallle. E quelle erano, a loro modo,
delle cupole geodetiche.
GeoRge
le aveva chiamate "GeoDrinX", perché ci si poteva prendere
un Drink, in giro per il mondo, insieme a tutti i popoli della Terra,
senza che nessuno litigasse. E soprattutto, senza che cadesse la
bibita di sotto, perché la forza di gravità l'avrebbe tenuta sul
fondo del proprio bicchiere, senza andare a frugare quello del
proprio vicino.
Qualcuno
avrebbe avuto qualcosa da imparare, a parlare con il giovane GeoRge,
ancora ragazzo.
Quando
GeoRge terminò il suo racconto, tutti russavano da un pezzo.
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A presto
RoBang!
Traduzione inglese: link