Translate

mercoledì 1 maggio 2019

Capitolo Quatto-Quattro - Il “BarthTheBar”


GeoDrinX_the(Simple)Story” - RoBang! Roberto Angeletti 20190430





GeoRge aprì la porta del Bar.

L’insegna fuori recitava “BarthTheBar”, con un simpatico logo al neon che si accendeva e spegneva, mostrando alternativamente, e con colori cangianti, prima “Bar”, poi “Barth”, poi “The” e infine “Bar”.
Insomma, si trattava del Bar di un tizio chiamato Barth.
Questo signor Barth, un capelluto signore che si trovava dietro al bancone, in realtà si chiamava Ben.
GeoRge Green scoprì subito questo fatto strano, ovvero il nome del proprietario del Bar, perché sua moglie, cioè la moglie di Barth, lo aveva chiamato con un urlo dalla cucina:
Ben, vuoi portarmi questa Ben e Detta bottiglia d’acqua ? Devo venire a prenderla io stessa ?”
La cortese proprietaria della voce dalla cucina era la sigra Cion-on-Screen, detta a sua volta Tani-Na-UD, ed aveva uno strano accento orientale.
Appena uscì dalla porta della cucina, con un matterello in mano ed un coltellaccio nell’altra mano, GeoRge Green capì perché la donna aveva quello “strano accento orientale”. La donna era veramente un’orientale, anche se era difficile capire di quale località esattamente.
La gallina che lei inseguiva probabilmente sapeva da dove veniva la signora, ma purtroppo non poté rispondere alla domanda di GeoRge, dato il numero di randellate che la povera tapina prese sulla testa.
GeoRge ebbe solo la forza di sussurrare un:
Voi accogliete sempre gli ospiti in questo modo ?”
E mentre la signora raccoglieva le spoglie della gallina da terra, e tentava di pulire tavoli e sedie dagli schizzi di sangue e altri liquidi vari, si spera non umani, il signor Ben-BarTh-Blue-Screen (quest’ultimo era il cognome della, diciamo così, “signora”) se ne uscì con un:
Benvenuto al BarthTheBar ! Troverà qui tutto quello che vuole e desidera, e anche quello che solo immagina, ma che non ha il coraggio di chiedere.”

Avvicinandosi al bancone, GeoRge vide con sollievo che la gallina godeva di ottima salute. Infatti, per fortuna, la gallina non era stata colpita dalle randellate e quello che GeoRge credeva fosse sangue, era soltanto il vino fuoriuscito da una botte, spaccata da uno dei colpi di matterello che Tani-na-UD aveva dato da tutte le parti.

Ma fosse una scena prefabbricata, cioè una sceneggiata, che i due recitavano ogni volta che entrava un nuovo cliente ?

A GeoRge era venuto questo dubbio. E il dubbio gli venne fugato subito.
Un furgone elettrico si era fermato davanti al Bar e ne era uscito un tizio, vestito da idraulico.

L’idraulico era entrato nel Bar, di schiena, con una cassa in mano verso l’esterno.
La signora Tani-na-UD ripeté la frase dell’acqua, dopo essersi rifugiata in cucina, e dopo un po' ne uscì inseguendo di nuovo la gallina, e stava per tirare le randellate a casaccio, quando, guardando l’idraulico, disse:
Ma sei tu Andrew ?!? Ma che razza di abbigliamento ti sei messo ? Mi sembri un idraulico !”
Non c’è bisogno della rappresentazione di benvenuto per me, signora.” - disse l’idraulico sorridendo.
Quello che sembrava un idraulico era Andrew John Smithson, il fornitore di birra Red Stripe del locale, e cominciò a trasportare all’interno decine di scatoloni di bottiglie della preziosa e ottima birra jamaicana.
Quando Andrew ebbe finito di trasportare scatole, ne aprì una e tirò fuori un paio di bottiglie, posizionandole sul bancone.
Red Stripe. Che buffo, pensò GeoRge Green. Proprio lui, che era scappato da San Francisco per un Red (Robert) veniva raggiunto da un altro Red (Stripe) cioè una birra, ovvero un altro elemento legato ad un liquido.
Ma stavolta, il liquido non cambiava lui il colore, ma faceva cambiare il colore del viso di chi lo beveva.

E quante ne bevvero !

Le bottiglie venivano aperte con la frequenza di una ogni sette minuti.
Cominciarono a raccontare a turno la propria vita. Quando toccò il turno di GeoRge, lui cominciò con la sua infanzia.

Un'invenzione. GeoRge aveva inventato un modo per censire tutti gli oggetti presenti sulla Terra. Era partito dall'idea di creare un nuovo metodo di rappresentazione geografica. Era rimasto ispirato, quando, molti anni fa, lo avevano portato da ragazzo a visitare un parco di divertimenti nell'Ohaio. Al centro del parco, una cupola geodetica, creata da Buckminster Fuller, un geniale architetto visionario, che voleva coprire intere città con gusci trasparenti, fatti da milioni di piccoli triangoli.
Fuller aveva fondato una società di costruzioni, chiamata Dymaxion, che avrebbe dovuto rinnovare il mondo con la genialità di oggetti innovativi, basati sul numero tre, numero perfetto, e la forma triangolare.
Purtroppo, però, alcuni di questi oggetti tecnologici ebbero problemi: l'auto a tre ruote non poteva dirsi molto stabile, e si rovesciò; un guscio di copertura, alla prima pioggia, venne giù come un ombrello rotto. Insomma, tra il dire ed il fare... c'é un mare da asciugare.
E Fuller fu costretto a flettersi nella costruzione di oggetti più piccoli, come i bungalow da giardino e cupole per parchi di divertimenti, per l'appunto.
Ma quella cupola apparve a GeoRge come qualcosa di stupefacente. Non era solo bella a vedersi. Era "umana"; era qualcosa in cui si poteva entrare tranquillamente, senza avere una sensazione di paura, rispetto e qualcos'altro di negativo. Non era un oggetto asimmetrico, come dettavano le "sette invarianti dell'architettura moderna". Era l'eccezione che conferma la regola. Pur essendo simmetrica, la cupola non richiamava alla mente regimi totalitari. Forse perché non si trattava di una simmetria, ma di una superficie di rotazione, e dunque, lo schema mentale è memorizzato accanto ad un'altra sensazione. E la sensazione di GeoRge era quella dello stupore, del bello, del rilassante.
Poi, GeoRge cominciò ad avvicinarsi a quella cupola. Entrò. Ci girò intorno. Prese di tasca un minuscolo foglietto del tram a cremagliera di San Francisco, e con un'altrettanto piccola matita, presa da un centro commerciale, nel reparto mobili da costruire, cominciò a fare disegni di come era realizzata la cupola di Fuller.

Il metodo costruttivo gli ricordava quello dei bicchieri. GeoRge aveva costruito una cupola simile, a scuola, con i suoi compagni e la maestra. Avevano incollato insieme una miriade di bicchieri di plastica, fissandoli per il bordo con una cucitrice.
Alcuni avevano optato per la colla, anche se questa tendeva a sciogliere la plastica e a sfondarla. Era questione di quantità: ce ne voleva una quantita' precisa, non troppa, non poca, per incollare e non sfondare il bicchiere.
E dunque, alla fine era venuta una palla. Una enorme palla con cui si potevano fare molte cose: Entrarci, rotolarla, illuminarla, colorarla, unirla con altre pallle. E quelle erano, a loro modo, delle cupole geodetiche.
GeoRge le aveva chiamate "GeoDrinX", perché ci si poteva prendere un Drink, in giro per il mondo, insieme a tutti i popoli della Terra, senza che nessuno litigasse. E soprattutto, senza che cadesse la bibita di sotto, perché la forza di gravità l'avrebbe tenuta sul fondo del proprio bicchiere, senza andare a frugare quello del proprio vicino.
Qualcuno avrebbe avuto qualcosa da imparare, a parlare con il giovane GeoRge, ancora ragazzo.

Quando GeoRge terminò il suo racconto, tutti russavano da un pezzo.

----------------------

A presto

RoBang!

Traduzione inglese:  link

Nessun commento:

Posta un commento